AQP: Oro di Puglia?

Fontana pubblica - Laureto di Fasano - Foto Chicco Saponaro

La Grande Opera: dalla muraglia pugliese ai veleni del Pertusillo

Servizi a cura di Cristina Federica Sarcinella e Giuseppe Vinci
con il reportage fotografico di Chicco Saponaro
abstract pubblicati su Graffio 15 - 30 luglio 2010


Una leggenda vorrebbe che gli schiavi morti durante la costruzione della muraglia cinese venissero seppelliti al suo interno. E che fine hanno fatto tutti coloro che hanno contribuito alla costruzione della “muraglia pugliese”, di quell’enorme acquedotto che utilizziamo tutti i giorni a costo di vite altrui, ignorate anche dalla storia?

Trame in Divenire se ne ricorda: in questo speciale dedicato alla Grande Costruzione, manufatto che ha permesso alla Puglia di uscire dal secolo buio della fame e della sete e che ora è, ironia della sorte per un gigante architettonico, anche una via ciclabile, per lo più sconosciuta. 6 i percorsi escursionistici lungo il Canale Principale che permettono di ammirare "opere d'arte" come i numerosi ponti su lame e avvallamenti. Proprio nella Murgia dei trulli si snoda il suo ultimo tratto, un percorso, quello del Sele Calore, fuori dalle guide turistiche, che con i suoi 244 Km di lunghezza (3.000 Km comprese le diramazioni) ha il primato del più grande del mondo.

Le acque di Caposele convogliate in Puglia provengono da ben 86 scaturigini della sorgente della Madonna della Sanità, un corso tumultuoso di 4.685 litri al secondo di acqua di altissima qualità, con caratteristiche chimiche e fisiche tali da poter essere immessa direttamente al consumo. Ma non di sole sorgenti è fatta l'acqua che scorre nelle condotte dell'AQP: le risorse idriche derivano anche da invasi (bacini idrici, ndr): ben 6 gli impianti di potabilizzazione di questi laghi gestiti dall'AQP, dove quello del Pertusillo è il più grande del meridione. E a questo punto ci siamo chiesti: l’acqua che beviamo è davvero buona? La risposta nelle pagine che seguono…

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Pertusillo - veduta aerea

 Il Pertusillo malato si tinge di rosso: ambientalisti e mondo scientifico denunciano la contaminazione dei pozzi di petrolio

IL LAGO DEI VELENI

E' la primavera di quest'anno quando visitatori, residenti e appassionati di pesca sportiva lungo le rive del Pertusillo, assistono nel giro di poche settimane a progressivi e allarmanti mutamenti della colorazione delle acque. I primi di giugno, poi, il Pertusillo è completamente rosso.

Non si è trattato della provocazione del fantomatico gruppo "Ftm azione futurista" che tinse di rosso la Fontana di Trevi, ma della Dinophyta Ceratium Hirundinella meglio conosciuta come alga cornuta, che soffoca il lago, lo tinge di rosso e uccide la fauna ittica. Ma, oltre alla presenza dell'alga rossa, è stata registrata un’elevata presenza di streptococchi fecali, che fanno pensare all'inquinamento delle falde acquifere oltre che al malfunzionamento degli impianti di depurazione degli scarichi industriali.
Nonostante le rassicurazioni dell'Arpa Basilicata, i pesci del lago, dai primi di giugno 2010, affiorano in superficie adagiandosi privi di vita lungo le rive del bacino: uno spettacolo inquietante che prefigura una catastrofe naturale irreversibile.
«La fioritura di quest'alga - dichiara Giampiero D'Ecclesis, geologo esperto in idrogeologia - è oltremodo singolare, visto che il bacino in questo periodo non è soggetto alla magra e risente ancora del favore delle abbondanti piogge di quest'anno che garantiscono una continua ossigenazione».

 Pertusillo rosso

Riguardo gli allarmi inquinamento, innumerevoli sono state le segnalazioni, raccolte soprattutto dalla OLA (Organizzazzione Lucana Ambientalista) che da anni si batte per la tutela dell'ambiente in Val d'Agri e in tutta la Basilicata. Gli organi istituzionali (l'Arpa Basilicata per prima) ancora una volta minimizzano il fenomeno, attribuendo, tutt'al più, la responsabilità dell'accaduto all'uso improprio di diserbanti e sostanze chimiche in agricoltura, non che agli scarichi abusivi che agricoltori e allevatori locali fanno da anni.
La OLA intanto, e fin dal mese di gennaio 2010, solleva la questione dei pozzi di petrolio presenti soprattutto in Val d'Agri, 471 in tutto, tanto da far meritare al principale polmone verde del mezzogiorno d'Italia l'appellativo di Lucania Saudita.
«In particolar modo - commenta Vito L'Erario, portavoce della OLA - bisognerebbe monitorare i pozzi inattivi, usati spesso come pozzi di reiniezione per lo stoccaggio delle acque di strato derivanti dalle estrazioni e trattate con sostanze chimiche. Alcuni pozzi - prosegue L'Erariao - arrivano fino a una profondità di 5.000 metri e una volta inattivi possono subire cedimenti della incamiciatura di protezione. C'è il rischio conclamato - conclude L'Erario - che i reflui fluiscano nel fitto reticolo idrico presente nel sottosuolo della Val d'Agri, fino a raggiungere il Pertusillo». E infatti preoccupa lo stato e delle falde idriche che oggi risultano inquinate dal bario e dal boro.

Pozzi in Val d'Agri

Il più importante pozzo di reiniezione - Costa Molina 2 con una profondità di 4141 metri, ubicato a circa 4 Km dall'invaso, situato nei pressi di Montemurro - è classificato dall'UNMIG (Ufficio Nazionale Minerario Idrocarburi Geotermia), come pozzo attivo, mentre è usato per la reiniezione delle acque di strato e dei fluidi di perforazione dal 2001, dopo essere andato esaurito, ed ah accolto, in 10 anni di funzionamento, una quantità di fanghi stimata in oltre 1 miliardo di litri.

La OLA, più volte e con insistenza, ha chiesto di conoscere le prescrizioni imposte dalla VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) regionale, relative ai dati sulle quantità e qualità dei fluidi petroliferi effettivamente smaltiti.
Di fronte al silenzio, per nulla rassicurante, dell'Arpa Basilicata, del Ministero dell'Ambiente e degli altri enti deputati ai monitoraggi ambientali intorno ai pozzi, e alla mancata comunicazione dei dati dei monitoraggi, giustificata con un improbabile segreto d'ufficio, i Radicali Basilicata rappresentati da Maurizio Bolognetti, con l'ausilio di Giuseppe Di Bello, tenente della polizia provinciale di Potenza, dopo aver svolto accurate indagini, denunciano la presenza, nelle acque del Pertusillo, di boro e bario in percentuali fuori da ogni limite tollerabile per la sopravvivenza dell'ecosistema. L'unico effetto sortito da questa attività è stata la sospensione dal servizio per il tenente Di Bello con l'accusa di violazione del segreto d'ufficio.
A tal riguardo, la convenzione di Aarhus (Danimarca) del 25 giugno 1998 - a cui aderisce anche l'Italia - sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, prevede il dovere categorico di chiunque eserciti “funzioni pubbliche in materia ambientale” di raccogliere e divulgare qualsiasi informazione, in qualsiasi forma interessi “lo stato della salute e sicurezza e delle condizioni di vita umane”.

Già nel 2001 la Metapontum Agrobios, l’altro organo preposto ai controlli, segnalava la presenza di «contaminanti nelle acque e, soprattutto, nei sedimenti dei siti di studio [...] confermano la presenza di zone di immissione laterale al fiume Agri, di scarichi inquinanti civili e industriali».

Diga del Pertusillo

Conoscere il Pertusillo

Il Pertusillo rientra in area SIC (sito d'interesse comunitario) e ZPS (zone a protezione speciale).
Realizzato tra il '57 e il '62, grazie alla maestosa diga alta 100 mt. lungo il corso del fiume Agri, il bacino artificiale del Pertusillo ha una capacità idrica di 155 milioni di metri cubi d'acqua, ed è stata la più grande risposta dell'Italia meridionale alla sete atavica della Puglia, una delle fonti primarie di approvvigionamento idrico dell'Acquedotto Pugliese.
Questa grande opera (1957-1962), seconda al canale principale dell'Acquedotto Pugliese (1905-1916), è stata possibile grazie ai fondi della Cassa per il Mezzogiorno e ha fatto si che l'Acquedotto Pugliese divenisse il più grande acquedotto d'Europa. Il Pertusillo dedica circa il 64% della sua capacità idrica all'Acquedotto Pugliese. Oltre al fabbisogno d'acqua, servendo 35.000 ettari di campi irrigui tra Puglia e Basilicata, il lago risponde anche alla crescente domanda energetica grazie alla sua centrale idroelettrica.

 Centro Oli Viggiano

Val d'Agri: Lucania Saudita

La Val d'Agri è situata in pieno Parco Nazionale dell'Appennino Lucano-Val d'Agri-Lagonegrese.
E' il Parco Nazionale più giovane d'Italia, il secondo della Basilicata, istituito con DPR dell'8 dicembre 2007. Nonostante le tutele ambientali a cui sono affidati i Parchi, siti di importanza comunitari, l'area della Val d'Agri, tutt'intorno al Pertusillo, è interessata dalla presenza di diversi pozzi di petrolio, tre dei quali sono posizionati su una piattaforma petrolifera ubicata del comune di Grumento Nova: Monte Alpi 6 Or (scopo del pozzo "sviluppo" esito "olio"), Monte Alpi 7 Or (scopo del pozzo "sviluppo" esito "sconosciuto"), Monte Alpi 8 Or (scopo del pozzo "sviluppo" esito "olio"). Questi pozzi classificati da ENI come pozzi di approfondimento ricadono all'interno dell'area protetta e sono ubicati all'interno del reticolo idrografico del bacino dell'Agri e si trovano a 1 km circa in linea d'aria dall'invaso del Pertusillo.
La Val d'Agri , dunque, fin dalla prima metà del secolo scorso, è la sede di uno dei bacini petroliferi più grandi l'Italia e si estende fino a Metaponto, in pieno golfo di Taranto.
Il primo pozzo, denominato Rapolla 001, datato 1921, oggi sterile, estraeva petrolio a soli 180 metri di profondità.
E' interessante la cronaca degli anni della seconda guerra mondiale, quando le truppe americane facevano rifornimento di petrolio direttamente da una fonte affiorante nella boscaglia nei pressi del Pertusillo lungo il corso dell'Agri.
Scendendo verso Metaponto, affacciata al golfo di Taranto, troviamo Viggiano, la località di maggiore rilievo industriale da cui parte l'oleodotto che trasferisce il greggio alla raffineria Eni di Taranto. E' così che la popolazione di Viggiano, come per larga parte di quella lucana, da quando nel loro territorio è stato impiantato l'oleodotto, vive respirando la puzza dell'idrogeno solforato rilasciato nell'aria dalle fiammate dei pozzi e dalla carburazione degli impianti.

gv


Tratto della muraglia AQP


LA MURAGLIA PUGLIESE

L’Acquedotto Pugliese ieri come oggi, una grande opera umana: dai cenni storici all’acqua
del rubinetto di Fasano, per un consumo più consapevole

L’acqua rischia di essere privatizzata, Nicola Balenzano richiede la concessione per la Provincia di Bari della derivazione delle acque di Caposele: corre l’anno 1888, e la questione dell’acqua riempie i giornali.
L’11 maggio 2010 la giunta regionale pugliese ha approvato il disegno di legge che costituisce l’azienda pubblica regionale Acquedotto Pugliese – AQP e la gestione del servizio idrico integrato: lo hanno reso noto il presidente Nichi Vendola e l’assessore alle opere pubbliche, Fabiano Amati.
La questione dell’acqua continua a riempire i giornali e il web. Il disegno di legge che regolamenta la questione si compone di 15 articoli ed è strettamente correlato alla garanzia del diritto fondamentale dell’acqua potabile, contenuto nell’articolo 1. L’articolo 2 riguarda la configurazione del servizio idrico integrato come prestazione priva di rilevanza economica, affidata ad un organismo di diritto pubblico e sottratto alle regole della concorrenza. Inoltre, per riprendere gli articoli salienti della legge, i numeri 3 e 4 sono gli strumenti preposti alla tutela del diritto dell’approvvigionamento idrico: un fondo regionale, per garantire il diritto all’acqua potabile ai residenti, ed un fondo di solidarietà internazionale per finanziare progetti in paesi esteri. L’articolo 5 della legge, poi, prevede la trasformazione di AQP S.p.A. in soggetto giuridico di diritto pubblico senza scopo di lucro. L’articolo 13 rende effettivo il diritto all’approvvigionamento per uso domestico, vincolando il gestore del servizio a erogare un minimo quantitativo vitale, individuato dalla Giunta Regionale sulla base degli indici di fabbisogno riconosciuti internazionalmente e delle disponibilità finanziarie esistenti1.

 Lavori canale principale

Sete e fame

La cronaca ci parla di acqua distribuita e acquedotto, una fiaba a lieto fine per la Puglia: è superfluo dire che non sia stato sempre così. Con la fine della monarchia borbonica e la nascita del Regno d’Italia, la carenza di strade, ferrovie e acquedotti, soprattutto nel Mezzogiorno, richiede lo sfruttamento scriteriato di terreni agricoli, boschi e acqua. 
La mancanza di materie prime fa si che la classe politica divenga ossessionata dal problema e il patrimonio boschivo ne fa le spese: le regioni meridionali vengono depauperate, lasciando solo colline brulle in preda al dissesto ecologico. La connessione tra deforestazione, dissesto idrogeologico e povertà, levando il sostentamento di secoli alle popolazioni più svantaggiate, dirompe2. L’impaludamento dei fiumi, a seguito della deforestazione, precipita il Mezzogiorno in un baratro di povertà e malattia, mancanza di condizioni sanitarie e malaria. 
Fame e sete, due parole bastano a descrivere la situazione, particolarmente grave. 
I comuni pugliesi, infatti, ricavavano l’acqua da pozzi e cisterne, e nel XIX secolo le epidemie di colera erano un flagello corrente. Le condizioni della Puglia sono perciò critiche, da qui l’idea di trasportare l’acqua dai lontani territori interni dell’Appennino.


Cascata Capo Sele - Foto Chicco Saponaro

Nel 1865 si inizia a guardare alla Lucania, dove le zone boschive sono state meno deturpate: Giovanni Reigler, ingegnere del Genio Civile, prevede il trasporto delle acque del fiume Bradano attraverso un canale di 30 km: ecco l’idea portante del grande acquedotto. Segue poi la proposta di utilizzare anche le acque campane del Sele e del Calore, e poi del Cervaro e del fiume Ofanto. Nel 1906 iniziano gli scavi ed il lavoro, enorme, è ultimato nel 1939: il canale principale è lungo 245.947,08 metri e da questo si dirama una fitta rete di adduttori e di condotte che alimentano quasi capillarmente il territorio pugliese per un costo complessivo, all’epoca, di 1 miliardo e 23 milioni di lire.
Qui, 22.000 anonimi lavoratori hanno edificato senza sosta, ogni giorno, non senza perdite umane: «Nella grande galleria delle Murge, lunga 16 km, per un cedimento delle strutture perdono la vita a 200 metri di profondità alcuni operai, altri rimangono invece feriti3»; le vittime sono tante, il primo, l’ingegner Francesco Zampari, che aveva strenuamente proposto la Grande Opera per anni e che muore in miseria nel 1896. I molti lavoratori impegnati nella costruzione dell’acquedotto, oltre 60 ingegneri e più di 400 fra geometri, aiutanti, disegnatori e personale sono rimasti ignoti, esposti alla durezza del lavoro in zone ricche di gas tossici che rendono molto pericolose le attività cantieristiche. Di questi operai restano solo sbiadite fotografie senza nome, in cui «queste “formiche umane” si affannano d’inverno e d’estate […]. Una manodopera avvezza a lavorare senza i macchinari d’oggi […]4».

L’assessore Amati ha recentemente fatto un riferimento ai 7 operai morti a Minervino Murge e ad Andria nel 1908 e nel 1912, mentre eseguivano i lavori di costruzione del canale principale dell’Acquedotto Pugliese, a seguito dell’esplosione di una mina e della rottura di un ascensore precipitato nel fondo di un pozzo.
Quello dell’AQP è un mondo di origini antiche e complesse, dove tante maestranze, del tempo che fu e contemporanee, ne assicurano l’esistenza: i lavoratori del passato, ma anche quelli odierni, che gestiscono i laboratori per il controllo pressoché giornaliero degli oltre 70 parametri chimici e batteriologici richiesti dalla legge, i 1.700 dirigenti e operai, funzionari e tecnici. Una grande presenza umana per l’acqua, bene comune, di ieri, di oggi e delle generazioni future.

Polla d'Acqua a Capo Sele


L’ACQUA DI PUGLIA: IDENTIKIT

L’acqua del rubinetto è davvero buona? L’Italia è un paese ricco di risorse idriche, ma nonostante ciò, gli italiani sono tra i maggiori consumatori al mondo di acque in bottiglia . Quali sono i controlli specifici effettuati nella nostra zona di residenza? Ecco un piccolo specchietto con le caratteristiche organolettiche dell’acqua della Puglia, e poi un dritta dallo ZooPlantLab dell’Università Milano Bicocca per tutti coloro che, comunque, non si fidano di riempie l’acqua dal rubinetto di casa: secondo uno studio condotto dall’ateneo milanese sulla popolazione italiana, i nostri connazionali sono poco informati sui controlli e sulle caratteristiche delle acque potabili. L’acqua per uso domestico distribuita dagli acquedotti, destinata al consumo umano, è controllata con periodicità secondo il decreto legislativo 31 del 2001: se ancora non siamo tranquilli, però, possiamo avvalerci un kit fai da te – facilmente reperibile on line - che analizza sei tra i più importanti parametri di qualità dell’acqua potabile: durezza, pH, contenuto di solfuri, cloruri, nitrati e nitriti.

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L’acqua di Puglia: caratteristiche chimico-fisiche
Fonte: http://www.aqp.it/
NOTE
1. Per saperne di più: http://www.officinah2o.it/normativa/aqp-acquedotto-pugliese/
2. La Grande Opera, Antonio Bavusi e Pasquale Libutti, p. 17
3. La Grande Opera, Antonio Bavusi e Pasquale Libutti, p. 58
4. Ibidem, p. 58


Repotrage Fotografico a cura di Chicco Saponaro 
Capo Sele - Irpinia - Galleria Pavoncelli
ospite Fabiano Amati - Assessore Lavori Pubblici Regione Puglia















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