UN UOMO IN BALIA DELLO STATO: IL CASO GENCHI


Sotto una fitta rete di intrecci digitali si nascondono le trame oscure dei poteri forti italiani

Si è tenuto lo scorso 14 ottobre presso il Laboratorio Urbano l'incontro con il Vice Questore aggiunto Gioacchino Genchi, “super poliziotto informatico” che riempie da più di un anno le cronache dei maggiori quotidiani italiani.

Organizzato dall'Associazione Le Nuove Muse e moderato dalla giovane avvocata Giusy Santomanco, Genchi ha tenuto inchiodato il pubblico per oltre tre ore senza che alcuno accusasse stanchezza o noia per l'argomento trattato. Circa 200 persone in devoto silenzio ad ascoltare le trame di un'Italia in cui le istituzioni da più di vent'anni sono sotto lo schiaffo delle caste politiche, mafiose e lobbistiche.
Un triller, dalla trama quanto mai reale, avvalorata da una infinità di documenti informatici, per cui non sono state sufficienti 900 pagine a raccontarlo: appunto il libro scritto da Edoardo Montolli per Aliberti Editore alla cui stesura ha partecipato il giovanissimo figlio Walter Genchi.
Una trama che più che narrare al passato cosa si nasconde dietro la parola mafia, tra politica e affari, lobby e clero, servizi deviati e criminalità, si propone con una puntualità incredibile quale vaticino di fatti che quotidianamente interessano le cronache degli ultimi anni: sentenze e mandati di arresto di personaggi illustri, politici e super ricercati, che rivelano quanto scomodo sia il suo autore.

In 25 anni di lavoro nelle procure più calde d'Italia, a cominciare da quelle di Palermo e Caltanisetta, arrivando fino a Roma, ha accumulato una quantità incalcolabile di dati tabulari di ben 350.000 intercettazioni. E infatti, una delle accuse formulate del Ministero della Giustizia, che lo ha sospeso dal servizio da più di un anno, alla quali Genchi ha opposto ricorso uscendone vincitore, è che questo scomodo genio dell'anticrimine, avesse archiviato abusivamente oltre ai tabulati il contenuto delle intercettazioni stesse, trasformandosi così da difensore della legge in un criminale ricattatore. Un'accusa, venuta meno e che comunque non è stata sufficiente a fermarlo, tanto che oltre ad aver dato alle stampe il triller avvincente delle sue indagini, Genchi è ancora il maggior poliziotto informatico di tutta Italia a disposizione delle maggiori procure antimafia. Ciò non solo a dimostrazione della sua unica professionalità ma anche e soprattutto a testimonianza dell'onorabilità del suo impegno verso lo Stato.

Sorride quando racconta che tutti i tentativi di fermarlo, da parte dei poteri forti sono andati falliti, anche grazie alla sua forza morale e al grande senso dello Stato e della giustizia che lo animano sin dal primo dei suoi giorni.

Dice: "Ho sempre fondato la mia vita su due capisaldi indiscutibili, giustizia e verità – racconta Genchi – per i quali sono disposto anche a dare la mia vita. Ho rifiutato la scorta non tanto per spavalderia ma con la convinzione di non averne di bisogno. La mia libertà, di coscienza e di espressione, la dignità dell'uomo può ben valere la sua stessa vita. Per me questo basta a dare alla mia vita la sua sacralità. Oggi, al contrario, rivoltando l'ordine dei valori, consessi umani che fondano i loro principi sulla tradizione cristiana, rivendicando la loro sacralità, più che di Comunione e Liberazione raccontano di “comunione e fatturazione”, per fare il paio con il resto delle caste".

giuseppe vinci

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