Il paradosso Egnazia



Lettera di Vito Bianchi a Osservatorio  

Egnazia - Strada Provinciale - Privatizzazioni




Egregio direttore,
da oltre due mesi è riemersa un’antica strada romana in prossimità di Egnazia, laddove doveva essere collocato un parcheggio per autovetture, nel terreno immediatamente a monte delle Case Bianche, fra l’area di masseria Cimino e il Golf Club San Domenico. E’ del tutto evidente come il tracciato dell’antica strada, ben marcata dai solchi dei carri, continui proprio al di sotto di una delle prime collinette del campo da golf. Sotto l’erba, dunque, lo capirebbe anche un profano dell’archeologia, c’è (o c’era) sicuramente un pezzo di antichità. 
Mi chiedo, allora: quando, una decina d’anni fa, è stato creato il sottofondo del manto erboso, sono state condotte indagini preventive? E’ stato realizzato uno studio serio sul rischio di intercettare reperti archeologici in loco? Del resto, che si trattasse di un’area ad alta densità archeologica era noto a molti.
Di certo, nel 2001, su mia segnalazione alla Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia e al Comune di Fasano, delle indagini preventive erano state fatte nell’area compresa fra il campo da golf e l’odierno Borgo Egnazia: e, puntualmente, era emersa un’ampia carreggiata stradale d’età antica, punteggiata da alcune tombe. Ciò aveva richiesto, di fronte alla lampante evidenza archeologica, un arretramento del nascente Borgo Egnazia, inizialmente progettato al di sopra dell’antica strada romana da me segnalata. Poi, scemato il clamore iniziale, quello che era un tratto dell’antica via Traiana è stato lasciato in abbandono. 
Nel suo prolungamento, il tracciato viario è stato sepolto dai recenti viali di accesso allo stesso Borgo Egnazia. Più avanti, era già stato da tempo installato il parcheggio per le automobili dei golfisti. Morale: una strada plurimillenaria è stata sacrificata a interessi privati. 
Faccio presente una cosa: in età romana, era lungo gli assi viari immediatamente esterni alla città che si addensavano i principali monumenti funebri, in quanto, per la mentalità antica, era importante che la memoria dei defunti rimanesse viva e che fosse ostentata ai passanti. Inutile dire che le tombe, essendo normalmente sigillate, sono tra i monumenti in cui meglio si conservano i materiali archeologici. Ed è inutile ribadire che tutti i tracciati viari di cui qui si sta trattando sono immediatamente esterni alla città di Egnazia. Addirittura, già negli anni Ottanta il prof. Stefano Diceglie aveva puntualmente rilevato un’intera necropoli ai piedi della masseria Cimino (oggi hotel), comprensiva di grandi e interessanti tombe a camera. 
Pochissimi anni or sono, un ennesimo scavo archeologico ha confermato l’importanza di quel sepolcreto, che ha restituito, fra l’altro, dei pregevoli monili in oro, esposti nel Museo di Egnazia. 
Ora, il paradosso sta in questo: mentre si coprono strati archeologici con strutture private, si intende dissotterrare strati archeologici sacrificando infrastrutture pubbliche. 
Mi spiego meglio: da qualche tempo, circola l’idea di cancellare la strada provinciale Monopoli-Savelletri col pretesto che essa, intersecando a un certo punto l’antica Egnazia, ne pregiudichi la continuità urbanistica. Faccio presente un’altra cosa: da quando, nel 1912, sono stati avviati gli scavi archeologici ufficiali a Egnazia, è stato riportato alla luce non più del dieci per cento dell’abitato. Conti alla mano, per scavare l’intera città ci vorrà circa un millennio. Dunque, perché puntare l’attenzione su quelle poche decine di metri di strada provinciale, quando alle spalle ci sarebbe da scavare per mille anni ancora? Peraltro, essendo utilizzata da moltissimo tempo, la litoranea Monopoli-Savelletri può a giusto titolo essere considerata strada storica. 
Caro direttore, ho dedicato oltre vent’anni della mia vita agli studi su Egnazia, e nonostante gli scempi e le difficoltà continuo a raccontare di questo sito archeologico nelle mie pubblicazioni, nelle conferenze e nelle lezioni di Archeologia che, da un decennio, tengo all’Università di Bari. Faccio presente che, se la provinciale Monopoli-Savelletri verrà eliminata a vantaggio di un percorso più interno, per raggiungere il mare si dovrà o attraversare trasversalmente il Parco archeologico di Egnazia, attenendosi a rigidi orari di chiusura e apertura, oppure si dovrà attraversare trasversalmente il campo da golf. E la proprietà del Golf Club, come si sa, ha acquisito e chiuso con sbarre l’unica bretella che, dall’entroterra di contrada Coccaro, dirigeva alle Case Bianche. Pertanto c’è il rischio, concreto, di non rivedere più il mare di Savelletri ed Egnazia, considerata anche la prossima inaugurazione di Lido Punta Penna (leggasi apposita lapide affissa all’entrata) nelle vicinanze del celebre “muraglione”, sul luogo dell’antico porto romano di Gnathia. Sono i frutti della privatizzazione. Che sarà pure esteticamente efficace. Che fungerà da deterrente per la tribù dei barbari (la quale insozza scogliera e sabbia con odiose cicche di sigaretta, lattine, plastiche, cartoni e rifiuti da maiali). Che, si dice, dia lavoro a tanta gente. Ma che, in assenza di un equilibrio fra fruizione pubblica e diritti privati, in mancanza di una consapevolezza collettiva del graduale, inesorabile restringimento degli spazi vitali, ci renderà meno liberi di guardare, di respirare e di vivere, civilmente, la nostra terra e il nostro mare. 

Vito Bianchi
Osservatorio, agosto 2010.

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Pubblicata per gentile concessione dell'autore. 

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