La Linea della conoscibilità platonica


Considera, pertanto, come dicevamo che due sono le realtà e una domina sul genere e sul mondo intelligibile, l’altra sul visibile, . . .
Prendi una linea divisa in due parti disuguali e dividila ulteriormente sia in una parte che nell’altra – ovvero nel genere visibile e in quello intelligibile – secondo la stessa proporzione.
Platone – Repubblica VI d 509

Considerazioni sulla conoscenza tradizionale

Mutuando lo schema proposto da Platone, con la celebre immagine della “linea”, possiamo ipotizzare che la dimensione conoscitiva è individuabile in due ambiti fondamentali e in quattro fasi in successione in cui la conoscienza si esplica.

Platone (e prima di lui Parmenide) ci parla di due diverse modalità di conoscenza.
La prima è quella che riguarda il mondo sensibile, tutto quanto è soggetto all’impermanenza, al divenire, e che dà origine all’opinione (doxa), e, non può dirsi conoscenza della realtà, perché la "realtà"a differenza del "sensibile" è permanente e assoluta.
La seconda è quella che riguarda il mondo intelligibile, cioè il mondo del "reale", ed è la sola possibile e vera conoscenza, poiché permane di la dal contingente: è scienza, “épistéme”.

Le quattro fasi “successive” della conoscenza, in ordine crescente sono, altresì, riferibili alla conoscenza del sensibile e dell’intellegibile.
L’”eikasia”, al primo livello, è la capacità immaginativa legata ai sensi, poiché coglie le apparenze, le forme, la
sola esteriorità degli enti; la “pistis”, ovvero la credenza, è l’opinione (doxa) che scaturisce dall’elaborazione mentale concettuale della percezione immaginativa.
Queste prime due fasi appartengono al primo tipo di conoscenza, al mondo della doxa.
Si passa, poi, alla “dianoia”, ovvero al ragionamento discorsivo, che attraverso l’ersercizio dialettico, discriminativo, discerne tra realtà e apparenza. Si realizza, quindi, attraverso la ricerca e l’esclusione del non reale il conseguimento della “noesis”, l’ultimo stadio: la contemplazione intellettuale pura, l’identificazione dell’essere con la pura realtà, che è il Bene in sé di cui parla lo stesso Platone.

Linea della conoscibilità

Ribadiamo, in accordo con la dottrina platonica, che l’approdo alla noesis e la realizzazione della realtà/verità, l’identificazione con l’Uno-Bene, è possibile solo dopo aver esperito e trasceso, i precedenti stadi della conoscenza.
La condizione umana, in ogni caso, è tale che, per quanto si possa aver trasceso ogni grado e stadio della conoscenza, i limiti imposti dalla natura, impongono lungo il percorso realizzativo, il passaggio attraverso le fasi successive.
Solo attraverso questa "iniziazione" alla conoscenza - che è trascendere se stessi, i propri limiti - è possibile salire ulteriormente, attraverso le fasi in successione, fino a realizzare la simultanea integrazione delle quattro fasi e approdare all’intuizione superconscia.


E’ bene distinguere, a questo proposito, le due forme d’intuizione in modo da non confondere l’intuizione noetica, superconscia, con la più subdola intuizione sensibile che è ben al di sotto della stessa “eikasia”.
E’ impensabile, per l’uomo, esperire la conoscenza pura e reale, senza prima esperire l’aspetto sensibile di questa, senza aver, subito dopo, elaborato la congettura circa l’esperienza fatta, e senza aver discriminato, in seguito, tra apparenza e realtà.

Lungo il percorso conoscitivo, dall’eikasia alla noesis, ogni tappa precedentemente conseguita, serve e funge come punto d’appoggio e supporto al conseguimento e sviluppo della meta successiva: l’eikasia per la pistis, questa per la dianoia. Non può esservi l’una senza l’altra, anche una volta conseguita quella di livello superiore, le inferiori sono il supporto necessario e imprescindibile su cui poggia la successiva.




Il frutto della conoscenza filosofica, l’apice della conoscenza dialettica, la noesis/sophia, la sapienza in sé, una volta conseguita, non solo non ha più necessità di supporti o punti d’appoggio epistemici a cui affidarsi per avere validità, ma essendo identica alla realtà ultima (il Bene Uno), rappresenta il fine della conoscenza stessa, in cui il movimento dialettico è contemplazione pura e questa va liberamente da Idee a Idee fino all'Idea dell'Uno Bene.

Ma quanti, tra gli uomini, possono giurare di aver trasceso se stessi fino all’ultimo stadio?
La verità non deve essere mai riposta. Lo stesso Socrate, in punto di morte, pur riconoscendo la sua grandezza, a rigor di vero, dichiarò come la sua unica conoscenza fosse fondata sulla sua ignoranza.

giuseppe vinci

Commenti

Anonimo ha detto…
la coscienza dell'ignoranza Ti dà sempre il piacere della novità, dello scoprire del volere andare avanti

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