Rinnovabili, il Governo ci ripensa.



Riaperto il capitolo dei Certificati Verdi.

Sembra scongiurato il provvedimento previsto dall'Art. 45 della manovra finanziaria 2010 - 2012 con cui si abolisce l'obbligo di riacquisto dei certificati verdi per sostenere il mercato delle energie pulite.
In quindici giorni di forti pressioni e audizioni al Senato, associazioni ambientaliste, associazioni di imprese produttrici, opposizioni parlamentari e moviementi politici fuori dal parlamento, potrebbero determinare il cambio di rotta del governo su questo assurdo e contraddittorio provvedimento.

Lo scorso mercoledì 16 giugno, l'Associazione nazionale dell'industria solare fotovoltaica (Assosolare), in convegno a Bari con Zeroemissioni, (portale italiano sulle rinnovabili), ha giudicato preoccupante, per il futuro energetico del paese, la manovra del governo per il settore rinnovabili.
Anche Confindustria si augura che venga rivista la norma e che sia prorogata l'agevolazione fiscale per gli investimenti nel settore rinnovabili, uno dei pochi settori con una bilancia positiva.
La commissione Ambiente al Senato, mercoledì 16, ha fatto circolare la voce di voler rivedere tale misura.
La stessa Prestigiacomo si è detta propensa a formulare ipotesi per risolvere la questione se non addirittura chiedere al governo lo stracio dell'art. 45.

Attualmente la norma sui certificati verdi prevede che le imprese del settore elettrico abbiano in bilancio una quota obbligatoria di produzione di energia proveniente da fonti rinnovabili pari al 6%. Quota che può essere ottenuta con produzione propria o acquistando la quota per mezzo dei certificati verdi in modo da sostenere gli investimenti in impianti a impatto zero.
Per questo tra le ipotesi correttive dell'art. 45 vi è quella di aumentare la quota obbligatoria di energia verde in modo da ridare valore al mercato dei certificati verdi a sostengno della produzione di energia rinnovabile.

Il Governo, intanto, entro il 30 giugno, è obbligato a definire il “piano d’azione nazionale” in materia di energie rinnovabili come previsto dalla direttiva CE 28/2009, cui dovranno seguire i piani e gli obiettivi delle regioni. Allo stato attuale però del piano non c'è traccia.
C'è da augurarsi, una volta tanto, che l'Italia non arrivi in ritardo agli appuntamenti strategici della storia e del progresso. Appuntamenti che ci farebbero passare dalla posizione di subaltrernità, vista la forte dipendenza energetica dalle fonti fossili e dall'approvigionamento presso paesi tersi, a un paese innovativo ed evoluto, in grado di salvaguardare il futuro e la salute delle prossime gnerazioni. Ci sarà da fidarsi?

Giuseppe Vinci

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